THE CHANEL DATA CENTER - FASHION SHOW
Chanel continua la sua evoluzione rinnovandosi di continuo
verso un nuovo orizzonte in cui, cavi e connessioni, sembrano sostituire i fili
e le trame di un universo femminile sempre più connesso e digitalizzato.
Quasi a voler suggellare l’idea di eternità nel futuro della
moda, l’immagine Chanel di quest’anno, ha voluto elaborare una ipotesi creativa
in cui, quand’anche macchine e umani si integreranno in forme nuove e più
evolute, Chanel resterà sempre il punto di riferimento estetico.
Il Gran Palais, trasformato in un grande laboratorio
tecnologico, lo “Chanel Data Center”, molto più simile ad una scenografia
sci-fi degli anni 70 o 80, ha fatto da palcoscenico ad una sfilata in cui la
prima ad uscire è stata una modella “aliena” vestita con un tailleur Chanel.
L’aliena, che sembrava provenire dalla base militare di
Roswell nel New Mexico, la famosa Area 51, sembrava simboleggiare la nuova
generazione di donne per metà ormai “aliene” e figlie di una realtà digitale e
di un nuovo modo di vedere le cose che ha trasformato, rivoluzionandoli, stili
e costumi e il nostro modo di essere e di comunicare.
Non è un caso quindi, che anche il sistema della
comunicazione, fino ad oggi si basato su dei pilastri editoriali “intoccabili”,
che da sempre hanno decretato e regolato l’ascesa, il successo e la decadenza
di celebrities e di personaggi pubblici, oggi sia finito schiacciato da questa
nuova forza mediatica frammentata e digitale, che ne ha cambiato le regole,
fino a giungere a influenzare anche le case di moda come “Chanel” che l’hanno
deciso di celebrare.
E’ in atto una rivoluzione “frammentata” fatta di piccoli
pezzi che stanno cambiando rapidamente, che non si percepiscono immediatamente,
ma che stanno facendo il loro corso.
Non è un caso che passando vicino la grande Anna Wintour non
ho potuto fare a meno di notare i pochi fotografi che le sia accalcavano come
nel passato, o come invece gli stessi erano concentrati verso nuovi personaggi
come Lily- Rose Deep figlia di Vanessa Paradis e Jhonny Deep, e da giovani
celebrities e attrici nazionali e orientali che poco hanno di quella levatura
culturale e estetica.
Vedere poi Husher, la star R&B seduta con un giubbino
Chanel, che ha catalizzato le attenzioni di tutti i fotografi, mostra come, la
distanza tra il mondo reale e questa Maison d’Élite, si sia completamente
azzerata, trasformandosi in una forma di linguaggio a cui tutti possono
accedere indipendentemente dalla loro provenienza culturale e stilistica.
Questo rende memorabile il lavoro di Karl Lagerfeld, che
piano piano, al pari di quello fatto da Madame Chanel nel passato e, senza farlo
apparire evidente, è riuscito a realizzare una formidabile trasformazione che
nessuno al mondo avrebbe potuto immaginare solo dieci anni fa.
Dal punto di vista stilistico quello che oggi si trova nelle
boutique Chanel, per la sua attualità con i tempi e per la sua declinazione
creativa che interpreta il sentire moderno, solo 10 anni fa, sarebbe stato
considerato offensivo dai cultori del marchio, e vedere come Chanel si sia
rigenerata con la forza di Karl Lagerfeld, pone solo un problema di successione
quando il “grande maestro” deciderà di abdicare.
Sulla base di questa logica la sfilata ha posto dei punti
fermi su cui elaborare i prossimi orizzonti creativi: mescolando lingerie e
look Hip Hop e da rockstar, rovescia le giacche e le maglie spostando alle
spalle tutto quello che normalmente viene messo sul davanti, trasformando
scollature sul seno in scollature sul fondo schiena.
E’ una sinfonia di contrari che si intersecano seguendo gli
stessi fili logici che creano il mito Chanel, e riempendo ancora una volta le
menti di chi ha osservato la sfilata di spunti stilistici che saranno compresi
profondamente solo tra alcuni anni, lasciando a chi può permetterselo, di
viverli prima che diventino di pubblico dominio.
Così tra un mare di “Madame” completamente vestite Chanel, la
sfilata è una festa in cui la voglia di appartenenza ad un mondo “proposto” da
Chanel è diventato qualcosa di rituale e magico, che continua a emozionare così
come può fare un grande interprete della musica ogni volta che realizza un
concerto.
In tal senso Chanel ha compreso a fondo l’essenza dei nostri
tempi e ha realizzato un ecosistema in cui una volta entrati è difficile
uscirne, un po’ come quello che Apple ha fatto con i suoi clienti digitali.
Due mondi totalmente differenti che sono uniti in questi
momenti creativi e in cui l’uno supporta l’altro senza esserne realmente
cosciente.
In tal caso è il “femminile” a rendere tutto questo
possibile, così come lo è “la bellezza”, l’estetica, e la creatività……
Non vedo l’ora di tornare ancora una volta a Parigi.
Chanel: je
t’aime.
Audrey
Tritto